Campobasso. Torniamo a Betlemme

Il Natale è incontro, dialogo diretto, sosta tra i presepi, identità popolare, un sentire da lontano suoni dolcissimi di zampogne. Che sono e che fanno il vero Natale. Perché ogni Natale è già zampogna ed la zampogna fa il Natale. Quest’anno però ci mancheranno. Non partiranno gli zampognari da san Polo, per entrare nelle case dei poveri e dei ricchi, nelle metropoli come nei piccoli borghi. Per dire a tutti che quel Bambinello, nato per noi, ci chiede un attimo di sosta, una prece nel cuore, una casa che si apre ai poveri, una sosta tra gli ammalati. La zampogna rende vero il Natale, genuino. Specie in questo difficile momento, dove mancano gli abbracci, gli incontri diretti, i dibattiti, le emozioni espresse sul volto con una lacrima nascosta, ma vera. E’ sempre più vero quanto scrive papa Francesco nella sua enciclica recente: Fratelli tutti, al n. 43: c’è bisogno di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ciò parla e fa parte della comunicazione umana.

E la zampogna è questo: gentilezza, tremito di mani, rossore, davanti a ascoltatori non conosciuti, ma che ascoltano commossi. Perciò in questo Natale è ancora più necessario colorare il cuore di verità, meno nervosismo, più dialogo nella fraternità ritrovata, proprio dentro le limitazioni imposte. Cresca l’ascolto reciproco, con tono di voce dolce e rispettoso. Anzi, questo silenzio e le rigide chiusure danno spessore intenso al Mistero d’amore che celebriamo. Le cresime celebrate sono più profonde, i ragazzi più compiti, le liturgie più significative ed essenziali.

Questo silenzio ci rende vicini gli ammalati e i morenti, che da soli affrontano il tunnel della morte, in un dolore immenso, a tratti disperato. Tocca allora a noi creare un’atmosfera di consolazione! Con reciproca preghiera. Perché se il dolore non è consolato, quel dolore muto si inacidisce. E fa male a tutti. Questo è oggi il compito della comunità cristiana. Non serve l’andare dall’avvocato, per avere risarcimenti, anche se comprendiamo il dolore di un figlio che ha perso il padre, in condizioni difficili. La consolazione non è dolciastra, ma risanante. Perché ti dice che quel papà ha pregato ed ha offerto il suo dolore per il figlio. Anche se non l’hai visto né sentito direttamente. E noi lo sentiremo sempre vicino!. Quel silenzio sia rotto solo dal canto degli angeli, che annunziano una gioia grande. Oltre il covid. Oltre il buio. Nella preghiera. Con i pastori, poco amati, ma presenti. Loro e non i sacerdoti del tempio.

Cosa porteremo noi a Betlemme? Come diocesi, il dono più grande e più atteso, perché fatto tutti insieme, sarà la prima copia del Liber Sinodalis! Lo metteremo nelle mani del piccolo Gesù, proprio a Lui che ci ha insegnato il criterio delle scelte attuate nel sinodo: scegliere di nascere a Betlemme e non a Gerusalemme, la capitale! Vivere a Nazaret, borgo disprezzato e non nella ricca Cafarnao. I magi che adorano il piccolo Bambino e non il potente sovrano. E al loro ritorno, scelgono un’altra strada, la strada dell’umiltà e non del potere. Il Sinodo infatti nel suo svolgersi è stato tutto un inno a questo fondante criterio: i piccoli sostengono i grandi. Le periferie valgono più del centro. Le aree interne sono il cuore. Se il bosco è verde, anche il mare sarà blu! Questo è lo schiaffo che il Natale dà alle nostre presunzioni di potere. Ed anche la decisione del Papa di regalarci un anno di contemplazione di san Giuseppe è di certo una conferma di questa linea evangelica: il silenzio si fa voce, il marginale si fa centrale, il padre si fa custode, la polizia di Erode è vinta dalla forza di Giuseppe. E’ proprio per questo che abbiamo affidato la meditazione sulla luce del presepe a Luigi Padulo, il non vedente che ha letto con tono marcato la prima lettura alla messa del Papa, il 5 luglio 2014. Lui quella luce l’ha vista. L’ha gustata, tanto più che solo con il cuore della fede riesce a superare il dramma non solo di non poter vedere, ma anche l’angoscia di far fatica a sentire e a cantare il canto degli angeli, sua delizia e svago! Non c’è augurio più grande di questo: PORTARE CONSOLAZIONE E LUCE, IN QUESTO DRAMMA! Buon Natale a tutti!

+ p. GianCarlo Bregantini